Nell'ambito di MAP, dal 15 al 30 novembre 2023, abbiamo accolto in residenza Clémentine Labrosse (she/her), editrice, giornalista e autrice francese impegnata nell’indagare le pratiche artistiche da una prospettiva femminista e queer.
Nel 2018, insieme alla sorella e direttrice artistica Apolline Labrosse, ha fondato la rivista indipendente Censored Magazine che mira a documentare le espressioni artistiche contemporanee attraverso le lotte della scena letteraria e creativa emergente e il lavoro di attiviste riconosciute.
Facendo ricorso all’immaginazione e all’autofiction, la sua scrittura esplora la dimensione politica e collettiva della spiritualità, l’intimità e la ricchezza dei nostri mondi interiori, la magia della biodiversità e la cultura freak e rurale. Le sue pratiche partono dalla volontà di dimostrare che ogni “nascita di sé” è radicata nella complessità dell’ambiente sicuro e al contempo violento che ci circonda, dei linguaggi verbali e sensibili, e dalla grande sfida di superare l’isolamento e le abitudini coltivate nelle nostra società capitalista. Più in generale, cerca di indagare la dimensione poetica delle cose e il loro potere rivoluzionario, a volte al di là del mondo razionale.
Durante la ricerca in Costiera Amalfitana e in Campania, Clémentine ha iniziato a lavorare al suo primo libro, «un racconto fantasy, un huis-clos ambientato in una casa misteriosa, popolata da fantasmi, donne, e amicə impegnatə in una ricerca comune, alla scoperta di una rete sotterranea. Si tratterà di salvare gli ultimi semi, gli ultimi segreti di famiglia e di vivere insieme.»
Concepita come una vasta e intima indagine politica, la storia fonde il dialogo con estratti dal diario della protagonista, documentando queste ore decisive per la sua storia e il futuro della terra che ha nutrito la sua infanzia: «Cosa ci sopravvive mentre cambiamo trasformando il mondo?»
La ricerca di Clémentine adotta diversi approcci per celebrare la morte, le orazioni funebri e il potere delle piante e dei vivi.
L’abbiamo intervistata!
Marea: Ciao Clémentine! Ci racconti chi sei, il tuo lavoro e su cosa hai lavorato durante la residenza in Costiera amalfitana?
Clémentine: Sono Clémentine Labrosse, giornalista, redattrice e autrice di un primo libro di prossima pubblicazione che ho iniziato a scrivere qui a Praiano. Cinque anni fa, insieme a mia sorella Apolline, ho fondato la rivista francese Censored, io mi occupo dei testi e lei delle immagini, quindi ci completiamo a vicenda. È una rivista che affronta ogni volta un tema legato a questioni femministe piuttosto politiche e radicali, attraverso il coinvolgimento di artisti, ma anche attivisti. C’è anche una grande sezione dedicata alla letteratura emergente, che è forse ciò che mi sta più a cuore.
Inoltre, più recentemente, io e Apolline abbiamo creato Editions Trouble, una casa editrice indipendente. Per ora c’è una sola pubblicazione, uscita lo scorso giugno e intitolata Manifeste pour une démocratie déviante. Amour face au fascisme di Costanza Spina, che ha anche creato un media queer indipendente molto engagé in Francia.
L’idea di scrivere un libro è nata molto tempo fa nella mia testa e da anni prendo appunti dappertutto. Io e mia sorella, in particolare, stiamo portando avanti una specie di gigantesca indagine sulla storia della nostra famiglia, soprattutto sulla storia delle donne. Ci rendiamo conto che hanno vissuto una dose importante di violenza patriarcale, ed è per questo che abbiamo creato Censored.
A Praiano, non solo ho avuto il tempo di riflettere, di pensare, di strutturare tutto ciò che volevo raccontare, ma ho anche stabilito un contatto con persone del posto e che hanno molti legami con la mia storia familiare. Sono arrivata qui con qualcosa di impalpabile: un sacco di appunti nel mio telefono, nei quaderni. Qui ho potuto organizzare il mio libro, trovando anche la struttura e i personaggi.
Ho potuto scrivere delle parti anche se è l’inizio. Ma so che quando me ne andrò, avrò un’enorme bozza, qualcosa su cui potrò lavorare perché, in realtà, tutto quello che sta succedendo qui è strano. Sono molto sola con i miei pensieri, ma è anche molto intenso.
Penso che quando tornerò verrà fuori, ed è molto vero quello che ha detto CiroCiretta quando è venutə qui e ho potuto parlare con ləi. Mi ha consigliato di non scrivere troppo a Praiano, ma di aspettare. C’è un prima e un dopo Marea, nel senso che c’è una tale intensità di pensiero intorno a questo progetto di libro che, nella mia mente, la maggior parte del lavoro è stata fatta qui.
C’è dell’irrequietezza in tutto questo, perché sto scrivendo il mio primo libro, che è anche una fiction, qualcosa di quasi fantascientifico. Prima di questo, ho trascorso circa 8 anni a Parigi, che è stato un luogo in cui mi sono avvicinata all’attivismo, alle questioni femministe. Mi ha permesso di decostruire me stessa come donna, come persona.
Marea: Ci sono riferimenti letterari o personalità che ti stanno ispirando nella scrittura del tuo libro? La residenza in un luogo come Praiano, ben lontana dai centri delle grande metropoli, sta avendo un ruolo in questa ricerca?
Clémentine: Questo libro sarà un’opera di narrativa e sarà davvero come un sogno che ha luogo in una camera, ma ci sono anche momenti fuori da questa grande casa di famiglia. Mi ha ispirato molto Dreaming the Dark: Magic, Sex, and Politics di Starhawk e tutti questi legami tra magia politica, collettivi, sororità, adelphité. Come riflettere in maniera profonda e intima? Come riuscire a ribellarsi? Come si rivoluziona se stessə e come lo si fa come collettivo? In effetti, non si può rivoluzionare se stessi senza connettersi a un territorio, ad altre donne o ad altre persone. Sono cose completamente inscindibili, e questo è uno degli aspetti che difendo da tempo. E ne sono ancora più sicura dopo questa esperienza.
Vedo molta eco tra questi aspetti e l’importanza di tornare a luoghi più locali come Praiano. In questo senso, mi ha molto ispirato l’attivista e politologa francese, Fatima Ouassak. Diceva sempre di pensare solo alle lotte locali.
Ed è divertente perché CiroCiretta sosteneva lo stesso: queste persone non si conoscono affatto, ma in realtà c’è davvero questo desiderio condiviso. L’idea di partire dai luoghi che conosciamo per poter finalmente lottare e trasformare il mondo, e questo è quello che intendo fare attraverso l’immaginazione.
Concentriamoci sulle aree più locali e ri-incantiamo il nostro mondo. Non parlo di una favola quando dico “reincantare”, parlo di ricreare un legame con la nostra terra, con i nostri vicini, con le persone che conosciamo e di recuperare una vita diversa da quella basata sul capitalismo.
È un aspetto che trovo molto presente qui in termini di riflessione. Sono cose di cui ho potuto discutere anche con voi. Perché il ritorno a un luogo come Praiano? Perché non una ricerca a partire dalle grandi città? Perché non una ricerca sul potere? Voglio dire, c’è tutta una riflessione su come si faccia a invertire la rotta. In realtà è potente anche rimanere a casa a volte. E vedo anche un legame con il libro e il suo argomento, perché in una casa succedono molte cose. Poi spesso le più grandi rivoluzioni avvengono all’interno di noi stessə.
Marea: Per il tuo libro fai ricorso all’immaginazione e alla narrativa. Perché?
Clémentine: Lo faccio perché mi dà la possibilità di allontanarmi dal razionale e di aver accesso all’invisibile, che per me è molto più potente.
Dopo il MeToo, c’è stato un grande bisogno di capire, di parlare, di analizzare da un punto di vista molto politico e in quel periodo mi sono interessata molto presto alla questione della narrativa e dell’immaginario in ogni sua parte.
In effetti, nella storia della narrativa femminista c’è molto materiale di ordine distopico. Penso spesso, anche con amicə o giornalistə, persone con cui lavoro, a come porre fine alla distopia, immaginando sempre il peggio o la fine del mondo e così via, anche se è catartico. Trovo che con il tempo ciò che mi interessa sia avvicinarmi alla realtà, in modo da poterci aggrappare ad essa. Quindi è qualcosa che è un po’ meno catastrofico e un po’ più concreto, ma che rendiamo più poetico.
Penso, per esempio, a The Handmaid’s Tale di Margaret Atwood, che è stato un bestseller di grande ispirazione. A un certo punto della mia vita, ha aiutato molto anche me, ma in realtà sono un po’ stufa di leggere cose in cui le donne diventano schiave, o in cui si assiste alla fine del mondo, o non so pensiamo alla questione dell’aborto. È sempre una delle prime cose a cadere quando c’è un governo autoritario.
Quindi vorrei cercare qualcosa di più vicino alla realtà. Questo è quello che possiamo portare di positivo e che possiamo fare con il trauma e la violenza. Trasformare il possibile in veramente possibile. E per questo c’è una persona che mi ha interessato molto, Ursula Kroeber Le Guin, una scrittrice di fantascienza femminista, e Octavia E. Butler, una scrittrice di fantascienza.
Questo è quello che ho cercato anche qui, tra ciò che è davvero possibile e ciò che non lo è. Ci sono troppi nuovi mondi. Ma in effetti ecco, è più importante renderlo più circoscritto e più piccolo, in modo da avere un impatto e far lavorare meglio anche l’immaginazione.
Marea: Hai nominato diverse il volte il nome di CiroCiretta Cascina, profondə conoscitorə della cultura popolare partenopea e femminiellə, inteso storicamente come il terzo genere della cultura popolare partenopea. CiroCiretta è anche la protagonista del docufilm “Chic e Favoloso” del regista romano Andrea Fortis. Ci racconti com’è andato questo incontro?
Clémentine: In CiroCiretta ho trovato molta ispirazione per uno dei personaggi del mio romanzo; parte dall’idea che ci siano persone su questa terra capaci di renderti più sensibile e che portano davvero la poesia nel mondo. Come ci lasciamo alle spalle la razionalità? Come parliamo con le nostre emozioni? Credo che avrà una grande influenza sul mio libro. Il personaggio del mio romanzo è una figura chiave, è un po’ un messaggero di questo villaggio, ma è anche un po’ un UFO, perché c’è tutta questa ambivalenza.
Mi ispiro a Leta, mi ispiro ad altre persone. Come CiroCiretta, è una persona che porta molta poesia nel mondo, ma è anche una figura molto radicale. È anche un modo per lottare contro il lato un po’ noioso delle città, come il reincanto. Ecco qualcuno che incanta.
Inoltre, attraverso il documentario di Andrea Fortis ho potuto approfondire molto l’umanità di queste persone che sono considerate ai margini della società, cosìccome mi interessa la questione della classe sociale, tra classe operaia e borghesia e il loro essere in opposizione.
Le femminiellə sono fortemente radicate nella cultura napoletana. Parlano di carne, di come vogliono vestirsi, è qualcosa che è al di fuori della borghesia, e che riguarda tutti gli uomini e tutte le donne. Ci imponiamo delle regole ma di fatto non ce ne frega niente. Mangiamo, viviamo, moriamo tutti insieme e festeggiamo anche insieme.
C’è davvero una questione di gioia che traspare e che trovo molto stimolante da parte di tutto il movimento. Non so se si possa definire un movimento di femminiellə, ma è così che si mantiene viva una cultura e per farlo è necessario redesendre, tornare giù.
Marea: Cosa ti porterai dietro di questa residenza?
Clémentine: La cosa davvero interessante di questa residenza è il fatto che l’ho condivisa con Paco e anche con voi. Ho avuto la sensazione di essere rimasta molto aperta, di non aver diviso il mio lavoro e la mia vita quotidiana. Quindi, in realtà, ho l’impressione di essere riuscita a mettermi in uno stato mentale in cui ero molto aperta.
C’è una grande porosità tra ciò che si crea in un dato momento e le discussioni che si possono avere, è stato un succedersi di casi fortuiti. Io e Paco abbiamo trovato un libro tra le riviste di Casa L’Orto, scritto in latino. È molto, molto vecchio, quasi strappato, un po’ bruciato. È di non so quale secolo, è una raccolta funeraria religiosa. Quindi sono preghiere per i morti e il mio libro ha molto a che fare con la morte perché racconta la storia della morte di una nonna e dei sette giorni successivi a questo evento.
Quando ho visto questo libro ho sentito che c’era un legame con la mia presenza qui, e anche Paco ha trovato parte della sua musica all’interno di questo libro. Entrambi ci siamo interrogati su quale influenza potessero avere sul nostro lavoro le cose che abbiamo sperimentato, senza condividere troppo quello che stavamo facendo. Non ci siamo mai spiegati i nostri processi e i temi che affrontiamo, alla fine sarà un po’ una sorpresa. Ma quello che ricordo davvero è questa porosità, tutte le coincidenze che sono accadute con le guaritrici che siamo andati a trovare, con la nonna che fa il malocchio. Un sacco di casualità.
Marea: A proposito delle guaritrici, siamo andate a trovare le curatrici di Agerola che custodiscono saperi e conoscenze legate all’utilizzo delle erbe medicamentose che crescono spontaneamente sul territorio. Cosa ti è rimasto impresso di quell’incontro?
Clémentine: È stato un incontro un po’ intimidatorio. Avevo paura di andare a trovarlə perché ero consapevole che si trattasse di pratiche tramandate e praticate con un senso di paura. E ho avuto la conferma parlando con loro. Ed è questo che accade quando si scoprono cose potenzialmente scomode, anche da un punto di vista medico. Penso al modo in cui le persone vengono trattate e curate, il modo in cui viene fatto il passaparola, è un segreto. È qualcosa che si trasmette in famiglia, spesso anche tra donne, anche se tra loro c’era anche un guaritore.
Ma ecco cosa ricordo: la paura e il potere, il silenzio e l’enorme impatto che può avere su tante persone la loro azione, perché in effetti ci raccontavano di aver curato migliaia di persone. Ecco, questa è la magia di ciò che facciamo in segreto. Ha un grande potere, che si conserva ma che può anche perdersi. C’è infatti la questione di come trasmettere la conoscenza legata a queste erbe.
Alcune erbe sono selvatiche e questo mi fa sorgere molte riflessioni, anche in termini di ecologia del territorio. Voglio dire, le erbe selvatiche non si possono coltivare, cosa succede quindi se fa troppo caldo, se ci sono luoghi che vengono sfruttati eccessivamente o se la terra viene distrutta? Ecco, queste domande ritornano e sono connesse al mio libro. La natura e ciò che non abbiamo il potere di controllare possono salvarci?
Marea: Siamo andate a trovare nonna Teresa, tra le anziane del paese di Praiano capaci di togliere il malocchio, il potere malefico dello sguardo di alcune persone capace di provocare effetti negativi sulla persona osservata. Com’è stata l’esperienza?
Clémentine: Il malocchio è qualcosa di piuttosto familiare per me. Quindi ero molto curiosa di vedere come avviene la pratica da queste parti. Hai il malocchio? Come si fa a rimuoverlo? Assistere al procedimento partendo da un piatto, l’acqua, l’olio, ascoltare cose che non capivo perché non parlo italiano. Non capivo ma qualcosa di molto potente stava già accadendo ed ero felice di vivere quel momento.
Non si trattava solo di parlare con nonna Teresa, ma di essere attivi in qualcosa. E non mi è estraneo perché nella mia famiglia ci sono diverse pratiche percepite come oscure, occulte, spirituali, non da un punto di vista religioso. Intorno a me ci sono moltə amicə di mia madre che sono dei medium, che disegnano carte, che giocano con il pendolo.
È qualcosa che facciamo spesso e io ci credo molto, ma non sono mai sicura che sia davvero reale. Ma siccome ci credo, decido che lo sia. Quindi è qualcosa che pratico quotidianamente anche a livello personale. Mi ha fatto piacere vedere come avviene questa pratica qui a Praiano.